L'Ascensione del Gatto

Non sono solito spiegare il significato delle mie opere perché lascio a chi guarda la libertà d’immaginare e in tal modo, spesso scopro nuovi significati, anche inconsci, che solo successivamente alla realizzazione riesco ad identificare e fare miei. Questa volta, vista la complessità e le difficoltà incontrate nella creazione dell’opera, ho deciso d’inserire una targa esplicativa.

Il soggetto è ispirato al noto gatto presente nel quadro dell’Annunciazione di Lorenzo Lotto (1534) – indiscusso capolavoro e simbolo della presenza dell’artista nelle Marche e a Recanati – la cui sagoma è diventata simbolo e logo del Museo di Villa Colloredo Mels, che custodisce l’opera.

Il gatto è infatti il punto focale dell’opera che dà l’incipit alla fruizione visiva. La sua presenza al centro ed il cromatismo creano un contrasto con il resto, animando l’intera scena.

Dato che nel disegno divino è presente anche il male, alcune interpretazioni vogliono che il gatto simboleggi il demonio che fugge nel momento dell’apparizione dell’angelo. Questa figura è talvolta presente anche nelle rappresentazioni dell’ultima cena. Questa simbologia negativa, squisitamente medioevale, deriva sia dalle particolari caratteristiche dei felini (come, ad esempio, la capacità di vedere al buio dove i suoi occhi brillano, o di muoversi silenziosamente) sia dal fatto che i gatti, per secoli, sono stati oggetto di culto da parte dei pagani, primi fra tutti gli antichi egizi.

Nella tradizione cristiana San Domenico identificò Satana proprio con un gatto nero e negli atti della Canonizzazione del santo è scritto che un testimone lo vide scacciare un enorme gatto scuro, con occhi fiammeggianti ed una lingua di fuoco.

Papa Gregorio IX nel 1233 stabilì con bolla papale che i gatti neri erano esseri demoniaci e che quindi dovevano essere sterminati. Nel 1484 Papa Innocenzo VIII decretò la caccia alle streghe scominucando ufficialmente tutti i gatti e i princìpi da lui enunciati vennero in seguito incorporati nel famoso Malleus Maleficarum. Questo era noto anche con il nome di Martello delle Streghe e fu il libro più ignobile utilizzato dalla Santa Inquisizione, per cui moltissimi innocenti furono condannati per crimini che non avevano commesso e vennero uccisi orrendamente: anche il solo sfamare un gatto a volte era sufficiente perché una donna venisse accusata di stregoneria e messa al rogo.

Il gatto venne per secoli ritenuto erroneamente colpevole del proliferare di malattie o generalmente portatore di cattivi presagi, tanto che venne spesso sacrificato per scongiurare malattie come nella notte di San Giovanni o torturato nelle maniere più terribili (scorticato, bastonato, bruciato vivo nelle piazze, addirittura crocifisso o buttato giù da torri e dai campanili delle chiese) durante le festività sacre.

Nel corso del 1800 Pasteur ed altri studiosi dimostrarono scientificamente che non era il gatto a trasmettere malattie all’uomo, bensì il ratto, portatore di circa 35 malattie pericolose tra le quali tifo e peste bubbonica, diffusesi in tutta Europa a partire dalla grande epidemia del 1300. I ratti avevano proliferato per secoli a causa di queste sconsiderate credenze grazie alla quasi totale estinzione del loro più acerrimo nemico.

Al giorno d’oggi l’aria è cambiata.

In un’udienza sul tema della vita e della morte del 2014 Papa Francesco ha dichiarato che il paradiso è aperto a tutte le creature e, citando Paolo VI: “Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo”.

Ho deciso perciò di rappresentare il gatto un po’ per riscattare secoli di superstizione (che purtroppo sopravvive in chi ritiene, per ignoranza più vicina al medioevo che ai giorni nostri, che un innocente gatto nero possa portare sfortuna quando attraversa la strada) ma anche per comunicare speranza nella redenzione possibile ed immaginare questo gattone che, sollevato e rivolto verso il cielo, fa il percorso inverso rispetto a quello a lui riservato dalle torri dei secoli bui.

D’altra parte, che posto sarebbe un mondo ultraterreno senza gatti?

L’ascensione del Gatto è un opera di fiber art (arte tessile), un gigantesco arazzo in lana creato appositamente con tecniche non convenzionali. La creazione dell’opera, unica nel suo genere, è stata estremamente complessa e posso definirla senza dubbio il lavoro più faticoso che abbia realizzato finora. Il solo doversi confrontare con un gigante di 10 metri per 4 ha reso difficoltoso ogni passaggio (dal semplice spostare, spesso da solo, il materiale che lo costituisce al non poterlo appendere per testarne le proprietà). Gran parte del lavoro è stata svolta in ginocchio a terra nel Salone del Popolo a Recanati, un posto molto vicino all’originale ubicazione del quadro del Lotto. La lana è un materiale fragile e leggero che va incontro ad un naturale deterioramento se soggetta agli agenti atmosferici, ma questa è stata una scelta ponderata: l’accoglimento della transitorietà delle cose è una componente che mi affascina molto, specie nei manufatti plastici e tessili, anche quando la trasformazione porta alla disgregazione dell’opera stessa. La lana è tessuta con diversi tipi di rosso e nero mischiati con una texture glitch, che emula una sorta di “errore digitale” con colori diversi (anche il viola ed il marrone ad esempio) per ottenere un effetto non piatto, dare una certa vibrazione ed una diversa risposta all’illuminazione. La lana è su un leggero strato di telina che permette di lavorare con un supporto più stabile e meno incontrollabile, considerando le dimensioni e la flessibilità dell’opera.

Dietro alla lana c’è la vera opera d’arte tecnica: una struttura in gomma dura incollata ma flessibile, che ne rinforza il perimetro ed i passaggi centrali più fragili, il tutto è poi fissato ad una rete in polipropilene leggera ma molto resistente con centinaia di cuciture di lana realizzate faticosamente a mano e molto fragili. Per lavorare ho dovuto spesso ricorrere a degli accorgimenti inventati sul posto, come protezioni fisiche di ginocchia, piedi e mani (ad esempio per la “semplice” cucitura ho usato grossi aghi per materassi ed in alcune parti anche enormi aghi da macellaio, che per essere maneggiati necessitavano di un doppio paio di guanti da lavoro imbottiti di cartone e scotch). Il lavoro è stato estenuante – l’ultima sessione è stata di ben 30 ore consecutive – e, come ogni opera d’arte tessile, è stato un profondo momento di meditazione e riflessione. Molte son state le volte che ho temuto di non riuscire e molti son stati a dirmi che dicevano sarebbe stato impossibile realizzare un opera simile: la loro voce ha tormentato I miei pensieri in ogni attimo, ma la mia determinazione è stata più forte.

Autore: Ugo NooZ Torresi

Materiali: arazzo in lana, gomma, rete in polipropilene cucito a mano (10mt x 4mt)

Dimensioni: 10 metri x 4 metri

Installazione

L’opera è stata installata il 15 luglio 2017 sulla torre civica di Recanati in piazza Giacomo Leopardi dove rimarrà per tutta l’estate 2017 sino ad ottobre.

Da maggio 2018 è stato esposto invece a Visso (MC)

Credits

si ringraziano:
Il Comune di Recanati
il Recanati Art Festival
Gian Luigi Mandolini
Federica Menghini
Laura Minicucci & Michele Duscio
Michela Maria Marconi
Giulia Marconi
La TelaMacerata
Carlo Natali

nota critica:
Nooz ha liberato il Gatto!
Un gatto nero enorme su fondo rosso che scala una torre! Un’immagine bellissima, per forma e contenuto. Un’immagine altamente simbolica: per quanto tempo i gatti sono stati invece gettati dalle torri? Per molti secoli, è la risposta. Ed è la risposta di Ugo Nooz Torresi, artista!
E qui è facile che un artista riesca a far vedere la realtà da un altro punto di vista, del tutto nuovo, inusuale e contro ogni tipo di omologazione del pensiero. Infatti il suo Gatto va verso l’alto e contro la Storia; ascende contro la forza di gravità ma soprattutto contro quella ignoranza antica: scheggia medievale che, dura a morire, si insinua nel XXI secolo ancora a far danni!
Un gatto tutto nero, enorme, una macchia fuggevole e dinamica tra Lotto e Matisse, tra il cielo e la terra, tra la ragione e il suo sonno: in tanti, troppi, ancora dormono questo sonno impalpabile e inconsistente, fastidioso e costellato dalle solite noiose mostruosità. Ahimè.
Il Gatto di Nooz però è animale e non sarà mai mostro!
Ed è libero di andare dove vuole, in alto, in basso, di lato…e con chi vuole.
Viva il gatto di Nooz!

Mauro Cicarè (novembre 2017)

Da maggio 2018 il gatto è esposto a Visso vicino al laghetto lungo la strada che porta a Castel Sant’Angelo sul Nera.
è stato posizionato lì per essere poi venduto all’asta il 29 Luglio per l’evento “Vissosteniamo la magia dei sibillini”, l’intero ricavato verrà poi devoluto pro-Visso.